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TAMERLANO

Mito e leggenda, il conquistatore più feroce al mondo e il più sanguinario che la storia ricordi, oggi parliamo di Tamerlano, “Colui che fa tremare la terra”.

Nel 1336 dalla città di Shahrisabzuna, 50 km da Samarcanda, in una tribù Timurride islamica, i Karaunas, i disprezzati o mezzosangue, nasce Timur Barlas – Timur lo zoppo, il condottiero generale turco-mongolo, il tiranno dei tiranni, occidentalmente conosciuto come Tamerlano.

La statua a Tashkent

La statua a Tashkent

Lontano avo dell’imperatore Moghul Indiano amante delle arti, si rivendicandò come discendente diretto di Gengis Khan e con un piccolo esercito ma con una spettacolare campagna militare fonda l’impero Timurride prendendo come sposa Saray Malik Katun (vera discendete di Gengis Khan e dei Magi).

Il suo regno durò dal 1370 al 1405, un impero che viene ricordato prima di tutto per le immani razzie, saccheggi e genocidi.

In poco tempo il suo esercito di mongoli e tartari devastò e conquistò Iran, Iraq, Siria, Turchia, Cina, Asia minore, Russia, l’India fino a Delhi, Uzbekistan, Kazakistan, Turkmenistan, Kirgikistan, Georgia, Anatolia, Mar Caspio, Caucaso e Lago Aral.

Il suo sogno, diventato realtà era quello di riedificare il glorioso impero Mongolo di Gengis Khan.

Portò tutte le ricchezze delle sue vittoria a Samarcanda che scelse come capitale e divenne il centro dell’impero e della civiltà Timurride; capitale dell’Asia centrale e di tutto l’Islam ma anche una delle città più affascinanti e magiche (anche dopo 600 anni) e centro nevralgico della “via della seta” che sotto Tamerlano ritornò più o meno sicura e trafficata dopo essere stata spazzata via dai Mongoli.

Gli storici dicono che non fu un abile politico come Gengis Khan e che per lui tutto girava intorno alla guerra e alle battaglie, che amava più di ogni altra cosa: durante il suo regno furono uccisi 17 milioni di morti su una popolazione mondiale di 300 milioni.

Uccideva tutti, Indù, Cristiani, Mussulmani, da Mosca fino Aleppo, da Damasco fino all’India, solo a Baghdad uccise 90.000 persone.

Pianificava scrupolosamente in tutti i dettagli tutte le sue campagne militari e a differenza di Gengis Khan le condusse di prima persona.

Risparmiava i nemici solo se potevano tornagli utili, è cosi che portò a Samarcanda i più abili architetti, scultorii, ingegneri, artigiani, pittori. decoratori, musicisti e letterati.

Quando stava nella capitale non dormiva nei palazzi lussuosi ma nelle tende fuori la città, si considerava un Ghazi, un combattente per la fede ma combatteva quasi sempre contro gli altri stati islamici.

Le sue leggende, più o meno vere raccontano come i suoi luogotenenti fecero entrare più di 3000 tra donne, bambini e anziani in una moschea e poi gli diedero fuoco, narrano di decapitazioni di massa, di come lanciavano le teste mozzaste dei prigionieri contro i nemici o della piramide costruita ad Aleppo di 20.000 teste umane come monito e vanto della loro potenza.

La statua a Samarcanda

La statua a Samarcanda

Un altra leggenda narra che rimase zoppo da piccolo dopo essere stato picchiato per aver rubato della frutta, un uomo dalla memoria sconfinata, con un ardente desiderio di conoscenza ma che in fondo al cuore restava un nomade.

Un uomo pieno di contraddizioni, per molti analfabeta per altri colto e genio, che padroneggiava religioni, scienze e politica, considerato l’unificatore e il ricreatore della patria e del sogno panturco.

Ad un certo punto arrivò fino al Mediterraneo, trovò il Papa e tutta l’Europa come alleati (preoccupati per la sua avanzata) per annientare una volta per sempre l’impero Ottomano ma preferì spostarsi in Cina per sconfigge coloro che uccisero Gengis Khan.

Fu la sua rovina.

Mori di polmonite nel 1405 a 70 anni a Otrat e il suo corpo riposa nel mausoleo di Tamerlano, il Gur-I Amir, la tomba del re.

Tomba che ha la sua maledizione, il monito dice “quando tornerò alla luce il mondo tremerà” e l’unica volta che hanno provato ad aprirla nel 1941, Hitler dopo pochi giorni invase la Russia, dando definitivamente vita alla 2° guerra mondiale.

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