INDIA
Per un viaggiatore fare un viaggio in India nel corso della sua vita è come il pellegrinaggio a “La Mecca” per i Mussulmani….necessario e indispensabile.
Là, dove misticismo, religione, spiritualità, povertà, corruzione e poesia si uniscono in un intreccio che da forma ad una delle nazioni più intriganti del mondo.
Chi c’è stato ti dice che non c’e’ un posto più magico ed enigmatico, più duro e faticoso, ma anche che la odi o la ami e quest’amore se ti prende non ti lascia mai più.
Superficialmente e all’apparenza ti annienta completamente.
E’ caldo, la gente sta ovunque, c’è casino, smog, sporcizia, rifiuti, escrementi, mucche.
Se per sbaglio vai a finire in uno “slum” o i un “ghat” e non sei pronto rimani scioccato per mesi e mesi.
C’è delinquenza e la gente appena vede un turista ti si appiccica dietro per ore e ore.
C’è questo estremo contrato dolce/salato che a me fa impazzire.
L’India non è solo il Taj Mahal e il Rajasthan, ne le sculture di Khajuraho e i monasteri Himalayani, ne tanto meno le rovine di Hampi, le grotte di Ajanta o gli Ashram di Pune.
L’India è la mucca indifferente in mezzo ad una strada con mille macchine bloccate cosi come le fogne aperte in mezzo alle città.
E’ sopratutto il miliardo di persone che vivono in un territorio che sprigiona vita in ogni centimetro quadrato.
Per me era una chimera, da un lato desideravo andarci e da un lato no, vedevo l’India come una meta di cui avevo un pò di paura e timore, sapevo che sarebbe stato un viaggio mentale più che fisico, più spirituale che pratico.
Sapevo però che il mio istinto mi avrebbe detto quando sarei stato pronto e questa spinta me l’ha data, oltre che la mia compagnia Valeria, il libro SHANTARAM.
Appena l’ho finito di leggere, ho avuto un impulso irrefrenabile e dopo pochi giorni stavo sull’aereo, destinazione Delhi.