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“Piccolo Alfabeto per Viaggiatori Selvatici” è il primo libro di una delle “New Entry” della letteratura da viaggio Italiana: Eleonora Sacco.

Come fa capire il titolo, il libro è suddiviso in ordine alfabetico in 39 capitoli.

39 storie, esperienze, racconti di viaggio scollegati nel tempo, successi a Eleonora Sacco.

Tutti i capitoli hanno una fine che vi lascerà in sospeso, quasi con l’acquolina in bocca in attesa di scoprire o di andare in quel luogo.

Alla fine di 15 capitoli ci sono degli speciali etimologici in cui l’autrice spiega l’etimologia storica di una parola ricorrente del capitolo appena letto. Mentre Alle fine di altri 7 capitoli ci sono degli speciali chiamati “Viaggia Bene” in cui l’autrice ci dà alcuni consigli e suggerimenti per viaggiare zaino in spalla selvaticamente.

La cosa che più mi ha colpito è il suo amore per posti non turistici e poco conosciuto come l’Est Europa, l’Asia caucasica e l’isola di Sachalin.

Ma ciò che mi ha fatto innamorare del libro è nello scoprire anche dopo 20 anni di viaggi che ho fatto, centinaia di libri letti e migliaia di documentari visti luoghi in cui non solo non ero mai stato ma soprattutto di cui quasi nemmeno conoscevo l’esistenza.

O per lo meno nessuno mai li avevi descritti o raccontati in un libro prima d’ora.

Piccolo alfabeto per viaggiatori solitari, il nuovo libro di Eleonora Sacco

Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici, il nuovo libro di Eleonora Sacco

Oggi a Mescalinabackpacker c’è proprio l’autrice Eleonora Sacco che ci parlerà del suo libro: “Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici”.

1) Prima domanda. Visto che sei una New entry nel mondo della letteratura da viaggio (ma non in quello dei travel blog, sei la creatrice di painderoute.it e co-autrice di Cemento podcast) di te sappiamo molto poco. Quindi la domanda è secca e semplice. Eleonora, chi sei?

Ciao, Mescalinabackpacker! Grazie per questa intervista! La risposta semplice è che sono una viaggiatrice che ascolta e cerca di capire. La risposta lunga è che sono una persona con molti interessi che negli anni si è legata all’Est. Un insieme sconfinato di territori e popoli diversi (considerando solo quella che era l’Unione Sovietica, si parla pur sempre di circa il 10% di tutte le terre emerse) ingiustamente ancora poco valorizzato in Italia, ma anche un po’ in Europa occidentale, e che sta emergendo piano piano in alcune delle sue molte bellezze.

Ho studiato l’italiano della comunità ucraina in Italia per la mia tesi magistrale in Linguistica e oggi mi divido tra diversi lavori in ambito editoriale, di copywriting e in proprio: organizzo e accompagno viaggi per i miei lettori nell’Est che conosco e racconto. Sono appassionata di tè e infusi ma sono tutt’altro che un palato fino, amo le piante e la montagna, mi muovo sempre in bici e canto.

2) La seconda domanda è ancora più diretta: Perché secondo te dovremmo leggere il tuo libro?

Perché non assomiglia a niente che c’è in circolazione in Italia. È una miscela di storie personali, ma che credo abbiano una connotazione più assoluta, in cui molte persone potrebbero facilmente immedesimarsi. Perché una raccolta di voci e intrecci che ci dicono molto di chi sono gli altri, quelli oltre la frontiera orientale dell’Unione Europea, ma anche di chi siamo noi che fatichiamo ad ascoltarli. Credo, nel complesso, sia un’istantanea parziale, vista dagli occhi di persone che ho incontrato lungo la strada, della bellissima complessità umana e storica che ci lega, in quanto europei e in quanto umani, a quelle lande da cui proveniamo.

Ce lo dicono le etimologie, ma anche il passato, le vicende familiari e i desideri delle persone che si confidano a una passeggera del treno. E poi perché, perlomeno in Italia, non è ancora comune trovare libri di viaggio scritti da persone che parlano il russo e che hanno più mezzi per entrare in contatto profondo con gli abitanti dei luoghi che visitano.

3) Tu sei un amante dei paesi che orbitavano nella sfera dell’ex URSS, nazione di cui sappiamo e so ben poco. Sconosciute, misteriose, enigmatiche ma tutte da scoprire. Da scoprire ovviamente leggendo il tuo libro, ma un’anticipazione ce la devi fare. Ci parli un po’ dell’isola di Sachalin?

Sachalin è l’isola delle nebbie, una striscia di terra orientata Nord-Sud, lunga ben 948km, poco meno della penisola italiana. Dicono che dalla punta più a sud di Sachalin si veda l’isola di Hokkaido, in Giappone. E difatti uno dei motivi più intriganti per cui ho deviato la mia Transiberiana fin lì (prendendo un aereo, chiaro!) è la straordinaria mescolanza di etnie che la abitano. Alcune autoctone e che stanno scomparendo insieme alla loro misteriosa lingua isolata, come i nivkhi, altre retaggio della colonizzazione giapponese sull’isola, come i coreani, che furono portati come schiavi e abbandonati lì al momento della ritirata giapponese nel 1945.

I giapponesi, nei quarant’anni in cui governarono il Sud dell’isola (che si chiamava allora Karafuto e la capitale Toyohara), hanno lasciato strade pavimentate in bambù attraverso la vegetazione tropicale del Sud, industrie della carta, i binari della ferrovia, bunker militari e splendidi fari sulle scogliere, qualche torii sparso sui colli, decorato da caratteri kanji, e (pochi) begli edifici scampati alle ricostruzioni sovietiche dei decenni successivi.

Ho scoperto dell’esistenza di Sachalin quando lavoravo nella biblioteca di slavistica della mia università: sistemando i libri sui ripiani, mi aveva colpito la meravigliosa e nostalgica edizione Adelphi de L’isola di Sachalin di Čechov: il mio viaggio è stato un po’ sulle sue tracce, quando, come medico e scrittore, si era messo in viaggio per raccontare la vita dei detenuti della katorga zarista, il confino dei condannati capitali spediti laggiù insieme alla famiglia a fare lavori forzati disumani. Tra il conteggio di figli legittimi e illegittimi, i report sull’alimentazione e le soluzioni abitative dei detenuti, Čechov racconta anche dei popoli originari dell’isola e delle loro usanze, del clima infelice e del fascino magnetico che quell’ultima frontiera dell’impero russo aveva esercitato su di lui.

Su internet Sachalin è solo un paradiso per ingegneri del petrolio. Non si trovavano informazioni utili di viaggiatori europei, ma su CouchSurfing sono stata accolta a braccia aperte da due ragazze. Mi sono fatta coraggio e ho cliccato su “prenota volo”. È stata senz’ombra di dubbio l’esperienza più sensazionale e profonda di tutto il mese di viaggio.

4) Asia centrale, Caucaso, Balcani, Est Europa, ex URSS, il perché hai quest’amore te l’avranno chiesto in tanti. Io non te lo chiedo anzi ti faccio i miei complimenti e hai tutta la mia stima. Sono posti che anche a me hanno sempre attratto e che saranno i viaggi che pensavo di fare i prossimi anni. Aree del mondo ingiustamente ignorate e luoghi mai banali con persone e culture che conosco poco e che voglio conoscere e capire. Ma una cosa te la voglio chiedere, tra tutti quale è quello o quelli che che più mi consigli?

Un paese che posso consigliare a te e a tutti i curiosi, a occhi chiusi, è la Georgia: piccola repubblica dalle ricchezze incredibili, profonde, travolgenti. Dalla cucina, che sta spopolando anche in Europa occidentale e finalmente anche in Italia (aprono sempre più ristoranti georgiani e penso proprio che dovreste provarli: ottimi sono quelli di Bologna e di Pavia), all’architettura e alle bellezze naturali.

La Georgia è la più antica patria del vino che conosciamo e lo produce secondo una tecnica unica, in vaso d’argilla sotterraneo, chiamato qvevri. I paesaggi spaziano dalla costa del Mar Nero con le sue atmosfere da riviera per l’élite prima zarista e poi sovietica alle coltivazioni di tè, fino ai picchi maestosi dello Svaneti o del Tusheti, o agli altopiani desertici del Caucaso centrale, dove vive ancora qualche esemplare del leopardo del Caucaso. I georgiani sono testimoni viventi di una cultura millenaria e unica, diversa da tutti i popoli circostanti: lo testimoniano le splendide chiese medievali, il bellissimo alfabeto creato ad hoc, il canto polifonico che varia nelle tecniche di valle in valle e la leggendaria ospitalità pancaucasica.

È un posto che tocca qualcosa di ancestrale, familiare, a noi italiani. Ci sentiamo subito a casa. I sapori sono simili, i colori sono simili. Eppure è tutto completamente nuovo, da scoprire. È per questo che non ho avuto dubbi su dove portare i miei lettori nei primi tour che ho organizzato: ed è stata una scelta vincente!

Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici, il nuovo libro di Eleonora Sacco

5) “Transiberiana” o “Transmongolica” o “Transcaucasica”. Quale secondo te devo fare?

La Transiberiana per rendersi conto concretamente di quanto è vasta, varia e impossibile da capire la Russia. La Transmongolica se ami i paesaggi magnifici e vuoi misurare il passaggio tra Europa e Asia.

La Transcaucasica (dal Mar Nero al Mar Caspio: da Batumi, in Georgia, a Baku, in Azerbaigian) è un viaggio breve, di un paio di giorni, e in realtà rispecchia molto poco la strabiliante varietà del Caucaso, regione troppo montuosa per essere esplorata per bene in treno.

La Transmongolica è forse la più difficile da organizzare in termini di visti e biglietti, ma è il viaggio più classico e adatto a tutti, che secondo me non può annoiare né deludere nessuno. Per chi non è pronto o non sa cosa aspettarsi, forse la Transiberiana rischia di risultare noiosa. Se non ti spaventano le avversità burocratiche, ti direi di scommettere sulla Transmongolica e di arrivare fino a Pechino!

6) Tu esorti e consigli a viaggiare “selvaticamente”. Io questo termine da 20 anni lo definiscono “Backpacker”. (Come puoi vedere il mio blog si chiama proprio “MescalinaBackpacker”). Un modo di viaggiare che ho trasformato spesso nel mio stile di vita. Termini come autostop, couchsurfing, ostello, street-food, zaino in spalla, backpacker, sacco a pelo, fino a qualche anno fa erano visti a tratti con disprezzo mentre ora sono diventati di moda, viaggi quasi d’élite. Che differenza c’è per te fra “Backpacker” e “viaggiare selvaticamente”?

Tecnicamente anch’io mi sento molto una backpacker. Nel senso di una che viaggia con tutto quello che le serve nello zaino, con grande spirito di adattamento e un piccolo budget. Negli anni, però, specie nel Sud-Est asiatico, questo termine ha assunto una connotazione negativa, riferita ai viaggiatori con pochi soldi che vivono a scrocco, pensando solo a risparmiare, a volte chiedendo l’elemosina agli abitanti del posto per poter continuare a viaggiare. Mi sento una viaggiatrice che prende solo se le è dato, che restituisce tutto quello che può, e che non depreda mai.

La frugalità è sicuramente il più grande punto di contatto tra lo stile backpacker e il viaggio selvatico. Nella selvaticità però ho cercato di rendere meglio il progressivo distacco dalle città e l’avvicinamento alla natura. Specie per quanto riguarda l’amore per la montagna e la libertà che regala la tenda. Direi che sono due viaggiatori fratelli, con moltissime cose in comune, a prescindere dal disprezzo degli altri che evidentemente hanno un progetto di vita completamente diverso dal nostro.

Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici, il nuovo libro di Eleonora Sacco

7) Il libro è interessante, con un enorme potenziale e facile da leggere. Se all’inizio questa scelta di suddividerlo in mini capitoli non mi è piaciuta molto, alla fine si è trasformata vincente. Ma le tue storie per me andrebbero completate. Lo pensi anche tu? È solo un inizio per un qualcosa di più grande?

Sicuramente il Piccolo Alfabeto per viaggiatori selvatici è un primo tentativo, un ingresso in punta di piedi nel mondo della letteratura di viaggio. Sì, molte storie andrebbero completate, ma il rischio sarebbe di scrivere un libro per ognuna di esse! Il motivo dietro la scelta dei mini racconti era per mantenere il volume piccolo, leggero, ma denso e ricco di spunti, come uno stimolo ad approfondire da soli e a camminare poi con le proprie gambe.

Mi piacerebbe pensare un seguito, ma con un formato diverso, più adatto a narrazioni lunghe e complete, meno fulminee. Allo stesso tempo, però, credo che la schiettezza e la rapidità possano raggiungere più persone, anche apparentemente non interessate all’Est, che non una singola lunga storia.

8) Intanto ti ringrazio per questa intervista e ci sentiamo presto per farne una radiofonica su “Radio Orte”.

A presto e grazie a voi!

Piccolo alfabeto per viaggiatori solitari, il nuovo libro di Eleonora Sacco

Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici, il nuovo libro di Eleonora Sacco

  • TITOLO: PICCOLO ALFABETO PER VIAGGIATORI SELVATICI

  • AUTORE: Eleonora Sacco
  • CASA EDITRICE: Enrico Damiani Editore
  • ANNO PUBBLICAZIONE: 2020
  • PREZZO: 16€
  • DIMENSIONI LIBRO: libro compatto e piccolo, ottimo e ideale da portare in viaggio

NAZIONI IN CUI È AMBIENTATO IL LIBRO: Russia (Isola di Sachalin, Russia continentale asiatica, Mosca), Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Azerbaigian, Georgia, Armenia, Palestina, Israele, Turchia, Romania, Ucraina, Bosnia, Italia

GENERE: letteratura da viaggio

ARGOMENTO PRINCIPALE LIBRO: racconti e storie successe all’autrice durante i suoi viaggi

IN CHE EPOCA/ANNO È AMBIENTATO: i nostri giorni

Sulle strade del Kenya. Una mzungu tra le contraddizioni dell’Africa di Diana Facile
"Le confraternite ad Orte - Tra vita sociale e impegno civico" di Claudio Russo
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