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La Cella di Santa Rosa

Nel territorio dell’antica diocesi di Orte, ma nell’attuale territorio comunale di Vasanello, compare il toponimo Cella di Santa Rosa, utilizzato anche come idronimo per identificare il fosso dirimpetto al complesso rupestre, che deve la sua origine ad una credenza popolare che vorrebbe identificare una serie di vani ipogei come luogo di riparo della famosa Santa viterbese durante il suo esilio, ordinato da Federico II nel 1250.

Il complesso, costituito da due ambienti, è situato a parete nel banco di peperino, particolarmente friabile, situato a Nord del Fosso di Santa Rosa, con ingresso esposto a Sud-Est.

Lungo il pendio antistante che conduce al fosso sono stati rinvenuti numerosi blocchi di peperino, squadrati e di misure variabili, attribuibili ad un crollo che ha interessato la struttura in un periodo successivo all’abbandono.

E’ possibile che tali blocchi siano stati parte integrante di infrastrutture murarie costruite a ridosso della parete rocciosa nella quale è ricavata la Cella di Santa Rosa; ipotesi avvalorata anche dal ritrovamento di numerose tracce di malta ancora legate al banco di tufo e peperino.

cella di santa rosa

All’interno degli ambienti sono presenti tracce di pittura parietale policroma, una nicchia rettangolare che presenta i resti di una cornice, una semi-colonna tronca una vasca ricavata direttamente nel masso tufaceo.

In generale però, allo stato attuale delle ricerche, risulta scarsamente attendibile la credenza che vuole questa struttura realizzata per garantire esilio a Santa Rosa, non vi sono indizi utili negli atti del processo di canonizzazione, né viene fatta menzione alcuna nelle fonti riguardo l’implicazione del luogo in relazione alle vicissitudini di vita della Santa.

Tuttavia il sito, per via delle sue caratteristiche e del suo contesto topografico, sembrerebbe ascrivibile alla categoria degli eremi datati al pieno medioevo. 

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